BIANCONI E LE STRAGI ITALIANE

di Luigi Bramato

Sarà mai possibile far luce sulle stragi che hanno dilaniato l’Italia negli anni del terrorismo? Se lo chiede Giovanni Bianconi sul
Corriere della Sera in un racconto puntuale e fitto di indizi, dal quale emergono novità giudiziarie, complicità indicibili e interrogativi mai del tutto chiariti: c’erano anche le Brigate Rosse in via Fani? perché è saltata in aria la stazione di Bologna? e piazza Fontana? è stato un commando di Lotta Continua a uccidere il commissario Calabresi? e perché l’anarchico Pinelli è “stato suicidato”? Sono trascorsi da allora cinquanta anni: quasi tutti i protagonisti sono deceduti, il clima politico e istituzionale è mutato, gli assetti internazionali pure, e i documenti desegretati che avrebbero dovuto rivelare chissà quali misteri non lo hanno fatto. È vero: in questo lasso di tempo è stato scritto e detto tanto, anche troppo forse, ma l’impressione è che proprio tutta la verità – nonostante i processi e le sentenze passate in giudicato – continuerà a rimanere “nell’ombra”. A meno di non cedere alla dietrologia e a quelle teorie del complotto che tutto alterano, tutto distorcono. E allora? Allora non resta che aspettare con fiducia che la Giustizia faccia il suo corso (anche dopo 50 anni?) e offrire alle giovani generazioni - al di là degli speciosi riscontri processuali - una lettura complessiva di quegli anni: e cioè che a partire da un determinato momento, il livello dello scontro politico divenne incandescente a tal punto da precipitare l’Italia – nel clima asfissiante della Guerra Fredda – in una spirale di inaudita ferocia lastricata di bombe, sequestri, guerriglia urbana e omicidi eccellenti compiuti da gruppi e bande armate terroristiche di matrice rivoluzionaria e neofascista molte delle quali eterodirette (quando non addirittura istruite e sovvenzionate) da apparati dello stato che ne hanno condizionato le strategie di morte. Per scongiurare pericolose derive o generarne di terribili.